Considerazioni dell' Autore (1)
Per quanto a taluni possa sembrare incredibile, ad un certo punto, in molti artisti subentra la volontà di abbandonare un tipo di ricerca esclusivamente formale, per oltrepassare la via del sensibile, varcare il "fenomeno" per entrare nel campo del "noumeno".
Si tratta di accantonare un tipo di ricerca rivolta rigorosamente all' esplorazione superficiale di un qualsiasi soggetto, per sondare invece, in una maniera che rifugge l' uso dogmatico delle comuni capacità sensoriali, le sovra/sub-strutture che circondano o compongono il mondo fatto di materia visibile e tangibile.
Per fare ciò l' artista deve lasciarsi guidare da un altro senso "accessorio", l' ispirazione, che mette in contatto la facoltà di captazione più immanente con quella trascendente.
Ed è solo attraverso l' ispirazione, che possiamo adeguatamente fungere da cartine di tornasole, e impregnarci di un vago "flavour" misticheggiante, che può dare maggior peso, maggior risalto in quello che per altri può solo essere considerato un futile esercizio di stile. In fondo,"... dice Rimbaud, che il poeta esprime la visione che si forma in lui, emergendo dalle oscure zone del' inconscio. Attraverso una sorta di ascesi e un annullamento della personalità cosciente, sovvertendo il modo stesso di percepire imposto dalla convinzione e dall'abitudine (attuando, cioè un consapevole "disordine in tutti i sensi") giunge ad essere "veggente", a cogliere le corrispondenze (in senso Baudelariano) della natura e a farsi voce dell' ignoto" (Mario Pazzaglia)
Bisogna quindi riporre in un angolo la comune metodologia percettiva per andare alla ricerca di "quel qualcosa" che finisca per toccare le nostre corde nel profondo. In questo senso, valide ricerche pittoriche ( ma non solo) si sono occupate di compiere questa meta-analisi( e per meta-analisi intendo un approccio che cerchi di scavare aldilà, di oltrepassare in qualche maniera il normale esame del soggetto in questione); basti guardare l'opera di Rothko, successiva ai "multiform": abbiamo un dispiegamento di fluttuanti colori(pochi) che sembrano tentare di autoequilibrarsi per arrivare a galleggiare in una sorta di dimensione ormai lontana, ormai superiore alla nostra.Qui abbiamo una palese evocazione di pittura dalla fragranza ultra-umana( e senza l' ausilio di figure divine, bibliche, trascendentali o chi per loro... c'è solo la pittura.Ma che pittura!)
(2)
Date tali premesse, era logico ad un certo punto per il sottoscritto deviare un lavoro precedentemente basato su una sorta di analisi formale impostata su figure mutuate dal mondo del glamour, su un tipo di ricerca maggiormente cerebrale.
Quindi è sorta la volontà di intraprendere una indagine volta a scavare dietro la facciata del visibile per disvelare il lato noumenico nascosto dietro l' ingannevole maschera dell' apparenza.
C' è da dire, a questo punto, che è normale per chiunque abbia anche un briciolo di sensibilità in più rispetto alla norma, per chiunque non faccia dell' apparenza un simulacro da idolatrare come il vitello d' oro di reminiscenza biblica, intuire, come già fecero i razionalisti e altri prima di loro, che la facciata dell' apparenza che ci accompagna nella nostra vita, potrebbe per l' appunto essere un inganno dei sensi, un' imprecisione che la nostra umana (e quindi fallace) capacità percettiva dogmatizza e rende unica verità plausibile.
E' quindi normale interrogarsi su ciò che si nasconde dietro alla maschera dell' apparenza, e se si è artista è giusto tentare di dare a queste forze che travalicano il comune sentire una forma, dettata in qualche maniera dalla propria creatività ed ispirazione.
All' inizio la mia indagine ha avuto anche approcci che hanno condotto verso divagazioni e fumisterie filosofiche.
C' è stato da parte del sottoscritto anche un tentativo di immersione nel problema fenomeno/ noumeno attraverso pochi e (forse) maldestri tentativi di pittura astratto-lirica ed informale, prima della volontà di ripiegare su una figura maggiormente iconica, l' Angelo, che simboleggiasse l' oltrepassamento dall' umano al superumano, dall' immanente al trascendente.
Vi è stata quindi l' adozione di un simbolo, ma non banalizzandolo, bensi facendo un discorso che estendesse gli esiti della mia prima produzione( smaccatamente formalista) fino ad inglobare i tentativi artistici giostrati sulle libere macchie, allo scopo di portare il mio tipo di pittura su nuovi livelli, non tradendo le mie radici figurative, ma anzi, dando a quest' ultime un afflato decisamente più evocativo, misticheggiante.
Un simbolo, dunque, che in quanto tale conserva la sua funzione rappresentativa per il suo "stare a posto di": infatti, la figura angelica si assume il carico di rappresentare l' essenza ultraumana nella sua totalità, di prenderne "visualmente" il posto, non essendo rappresentabile in alcuna maniera l' "Ousìa" (essenza) di ciò che travalica l' umanamente concepibile.
Quindi, da questo punto di vista l' angelo è utilizzato per portare avanti un discorso che sembrerebbe in apparenza prediligere un' approccio più mentale che "fisico", ma in realtà viene mantenuta inalterata la volontà di dare risalto anche al piano tecnico e di far si che l' evoluzione stilistica evolva di pari passo con quella cerebrale e metafisica.
Certo è che dal momento in cui viene messa in gioco, la figura dell' angelo si carica di significati. Diventa rappresentazione figurativa della res cogitans di cartesiana memoria, della cosa in se kantiana che tanto gli idealisti avevano tentato di distruggere. Materializzazione della Verità assoluta, emanazione del Supremo Ente.Ed essendo emanazione, parte integrante dell' Assoluto di cui si fa portavoce.
Tale figura si presenta come un' importante tramite tra il mondo fisico e un ipotetica dimensione ultra-umana, sia che venga interpretata come simbolo del passaggio tra le due sfere, sia che assurga al ruolo di configurazione materiale di forze superiori.
Quindi la si può prendere come figura di transizione, simulacro dell' umana aspirazione.Naturalmente questa è solo una delle ipotesi interpretative messe sul campo come stimolo alla riflessione, anche considerando che la figura dell' angelo è stata analizzata in altre maniere da studiosi di notevole calibro e rilevanza.
Possiamo citare ad esempio Carl Gustav Jung, che sosteneva si trattasse di un portatore di istanze di rigenerazione psichica. Questa era una tesi che il celebre padre della psicologia analitica portava avanti con fermezza, avendo avuto egli stesso (così si dice) un' apparizione da parte di una semidivinità alata a seguito di una grossa crisi spirituale. La creatura, da Jung ribattezzata Filemone, aiutò lo psicologo a risollevarsi da quella terribile condizione di sconforto e da buono spirito-guida gli fece dono di rivelazioni che confluirono nell' ambito delle sue ricerche( ad esempio, l' angelo gli rivelò che non era l' Io a produrre i pensieri, ma che questi erano dotati di vita propria).
Ad ogni modo, l' interpretazione fatta propria dal sottoscritto e utilizzata come fulcro portante per portare avanti il discorso in merito al tema angelico, è quella di tale creatura vista come tramite. Anello di congiunzione tra Essenza ed esistenza, tra l' astrazione e la fisicità.
E il bianco e nero adottati per simboleggiare queste due differenti sfere agli antipodi, l'una dell' altra.
Il nero a simboleggiare la materia immanente, sporca, peccaminosa. Il mondo umano, legato al concetto di fisicità.
E il bianco. Aereo, trascendente. Specchio della luce divina.
E c' è tra i due un reciproco cercarsi, sfiorarsi, amarsi e poi respingersi.
Nere ombre informi e lattiginose macchie luminescenti che si cercano per unirsi, coabitare, generare progenie subodoranti trascendentalità. Il nero assoluto, catramoso, il peccato che si unisce al bianco vischioso, puro, immacolato. Il bianco e nero diviene simbolo dell' unione metaforica tra Bene e Male. L' unione che genera il tutto, dato che non può esistere il bene senza il male, il dolore senza il piacere, il bianco senza il nero.
Perchè c' è inevitabile coabitazione tra gli opposti: la purezza che abbraccia il peccato in nome della coincidentia oppositorum.
(3)
Il bianco e il nero: incontro e scontro di opposti che definiscono il tentativo della Verità di disvelarsi. Sfere situate agli antipodi l' una dall'altra che attraverso la polemos danno forma al concetto.
Il Caos che attraverso il principio dell' entropia diventa Kosmos.
E la Verità, che per l' Islam è coperta da settantamila veli di luce e tenebra, inizia gradatamente a concretizzarsi.
Così, non casualmente il fulcro della mia produzione si divincola quasi esclusivamente tra questi due non-colori presi per la loro bivalenza simbolica ed espressiva. E bivalente è anche l' utilizzo del bitume, materiale dotato di rara espressività artistica, capace di generare neri profondi tendenti al marrone, ma anche lo stesso materiale di cui, secondo le leggende erano colmi certi stagni infernali. Un materiale dal retrogusto mefitico, perfetto per essere rotto da bianchi abbacinanti. Bianchi diversi, ottenuti da tipi di colori diversi, ognuno dotato di una sua proprietà: notiamo che la mescolanza con gli acrilici, e le repulsioni che tale unione genera, da vita a risultati assai distanti da fusioni assai più dolci con gli oli.
Vediamo armonie e dissonanze che generano partiture complesse ma dotate di una certa eleganza, sempre e comunque con una tensione verso un senso del sublime dato dal tentativo di queste forme di trascendere per divenire un tutt' uno col pensiero.
E gli angeli diventano simbolo e specchio di tutto ciò ( quindi il simbolo anche come symballein, che in greco significa "mettere assieme", unione di due parti che si ritrovano e confluendo l' una nell' altra danno luogo alla forma compiuta).
Gli angeli, i miei angeli, prendono in tal modo forma: vediamo il loro solenne fulgore squarciare le tenebre per fuoriuscirne vincitori. Agili, battaglieri, alcune volte. Imponenti, statuari in altri casi. Ma legati pur sempre da un filo comune che li vuole come figure-tramite ed araldi del mondo della luce, fari pronti ad illuminare il buio cammino dell' uomo.
Talvolta li vediamo riuniti in gruppi non troppo numerosi, altre volte presi singolarmente e molto spesso, in quest' ultimo caso, decontestualizzati da un qualsiasi tipo di narrazione: quel che rimane è solo la forza della creatura presa esclusivamente per ciò che rappresenta. Allora ci si para davanti unico, quell' essere fulgente di bianca luce che sembra tentare di comunicarci l' essenza immutabile attraverso la sua evanescente, immateriale incorporeità, emanazione e tutt' uno con l' Hyperouranos che questa rappresenta.
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